sabato 18 febbraio 2017

Recensione #80 "La stanza degli ufficiali" di Marc Dugain *Vertigo*

La stanza degli ufficiali - Marc Dugain
Vertigo - Anno 2008
 P. 156 - 14 € - Dettagli

La baciai un'ultima volta alla base del collo, e me ne andai in guerra.
Se l'equipaggiamento non fosse stato tanto pesante, per la strada avrei fatto salti di gioia, battendo in aria un piede contro l'altro, come un ragazzino che abbia appena trovato una moneta nel canale di scolo e creda che gli durerà per tutta la vita.

Adrien Fournier è un ingegnere giovane e bello, ufficiale del genio, incaricato di realizzare opere utili in combattimento.
E' il 1914 la guerra è alle porte e dopo una notte passionale con la bella Clèmence, Adrien parte con il primo treno del mattino carico di coraggio, sicuro di sé, convinto della rapida risoluzione dell'imminente battaglia. 
L'ufficiale non immagina che quello che travolgerà la Francia nei giorni avvenire sarà un conflitto mondiale che segnerà irrimediabilmente il paese, ma anche il suo destino.
Il 6° Reggimento del Genio dell'esercito francese è acquartierato nei pressi del fiume Mosa, la battaglia non ha ancora avuto inizio quando Adrien riceve l'incarico di fare un sopralluogo vicino all'argine per valutare la possibilità di costruire. 
Durante il giro di ricognizione l'ufficiale viene colpito da una scheggia che lo sfigura.
"Questa è la guerra che non ho conosciuto"
I conflitti mondiali, le guerre, sono ampiamente documentati, ma la particolarità de La stanza degli ufficiali è proprio quella di fare chiarezza su alcuni punti sottovalutati: dove e come passano il loro tempo i soldati feriti durante il conflitto? E quali sono gli strascichi psicologici che gli ex-combattenti si portano dietro?
Sono coloro che combattono contro un soffitto bianco, tormentati dalle brutalità a cui hanno assistito, privati del sonno e consapevoli che una vita mutilata non sarà mai più la stessa, sperano che l'eco "la guerra è finita!" riecheggi tra le pareti antisettiche che sono ormai casa.
La guerra di Adrien Fournier al fronte è finita prima di iniziare, ma la battaglia personale che l'ufficiale ogni giorno è costretto a combattere mette radici profonde: la vergogna di un viso sfigurato al quale non si potrà mai attribuire il merito di uno scontro diretto con il nemico, e la Legion D'Onore, la più alta onorificenza francese per la quale non si sentirà mai degno.
La realtà ospedaliera diventa abitudine, le medicazioni, gli interventi chirurgici inutili, mesi e mesi in cui per dialogare si scrive, non esistono più odori e sapori, ma ciò che colpisce il lettore è la cognizione della propria causa che non rassegna, ma forgia il carattere e prepara la mente alla nuova condizione.
Gli ufficiali di Dugain accolgono l'armistizio desiderosi di rientrare in società, pronti a sopportare le conseguenze di un viso sfigurato, alimentando il coraggio con i legami indissolubili di amicizia nati tra le quattro mura della stanza d'ospedale; quella vita è la sola che resta agli ex-combattenti, quindi incuranti degli sguardi compassionevoli e scioccati, dei rifiuti e dei cambiamenti, con dignità e ironia, raccolgono i resti dei loro corpi fatti di carne e ossa mutilate, nuovi lineamenti e volti sconosciuti ma riconoscibili nell'anima, e rimettono in circolo quella linfa che appartiene agli esseri viventi: la sopravvivenza.
La stanza degli ufficiali è una testimonianza toccante che arriva al lettore senza far leva sull'emotività, senza cercare di impressionarlo con strategie melense; la perizia di Marc Dugain sta nell'elevare la forza d'animo di questi uomini, la volontà di riprendere le fila di un'esistenza rubata senza piangersi addosso, senza mai descriverli come vittime, ma come uomini che con onore hanno barattato una parte di sé per la patria. 
I volti, i corpi, le ferite esteriori e quelle interiori, le voci, tutto è delineato con cura e semplicità incisive, tanto da trasformare il romanzo in una testimonianza che si ascolta sul divano di casa seduti accanto ad Adrien Fournier, un narratore d'eccezione che riceve dal lettore ammirato, la medaglia d'onore per la battaglia più difficile da affrontare: la vita.
La sobrietà stilistica dell'autore e il suo modo magistrale di calarsi nel personaggio sono peculiarità che ho riscontrato fortemente anche in Viale dei giganti, con grande stima ne parlo, meriterebbe di essere letto anche solo per l'abilità nella scrittura. Consigliatissimo.

7 commenti:

  1. Come detto, aspettavo il tuo parere in merito e devo ammettere che le tue parole mi affascinano molto. Avevo già preso nota del titolo ma rimango sempre più convinta che dovrei avvicinarmi a questo romanzo. Complimenti, come sempre, per la tua recensione e buon weekend! :)

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  2. mi piacciono i libri che trattano temi intensi senza diventare stucchevoli!
    http://www.audreyinwonderland.it/

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  3. 156 pagine ma intense e significative! Ne abbiamo discusso molto ma leggere le tue parole fa sempre un altro effetto. Deve essere una lettura non certo semplice (quando si parla di guerra niente lo è), ma interessante. Grazie alle tue letture "diverse" sto scoprendo titoli che altrimenti non avrei mai preso in considerazione!

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  4. Francy sono felice che anche a te questo autore parli in questo modo così coinvolgente. Tutti i suoi libri hanno la particolarità di saper arrivare al cuore, lo stile di scrittura è magnetico, le trame sempre molto forti. Bellissima la tua recensione!

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  5. Mi hai molto incuriosita con questa recensione e prendo nota del titolo. Penso che oltre alla sottoscritta potranno apprezzarlo molti dei miei utenti. Grazie.
    un saluto da Lea

    P.S: Ora attendo impaziente la recensione del libro di Harper Lee!

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  6. Sembra una lettura molto intensa, di quelle che piacciono a me :)

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  7. Bella recensione. Complimenti.
    Ho letto molti romanzi ambientati durante la Grande Guerra (ne ho scritti anch'io due) e questo merita di essere annoverato tra i migliori, anche se le ultime pagine mi sembrano un po' affrettate e meno coinvolgenti.
    Sullo stesso tema dei soldati feriti e sfigurati, sempre francesi, consiglio "Ci rivediamo lassù" di Pierre Lemaitre.

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